L’ashtanga yoga è una pratica yoga antica che tradizionalmente è parte integrante di un percorso nello yoga volto alla propria realizzazione. La pratica ashtanga si differenzia dalle altre tipologie di yoga in base alla sequenza di posizioni che viene effettuata.
Cos’è l’ashtanga yoga
La pratica ashtanga è una pratica dinamica, che prevede una sequenza fissa di posizioni svolte regolarmente dagli allievi. Il percorso completo prevede 6 serie, di difficoltà e intensità crescente. I praticanti comuni svolgono più comunemente le prime due serie. Nella tradizione dello yoga, inoltre, dopo una prima fase iniziale in cui l’insegnante forma i praticanti e dimostra la lezione passo per passo, segue una pratica autonoma chiamata Mysore in cui l’insegnante lascia ai praticanti lo svolgimento della sequenza e diventa solo un supporto all’entrata nelle posizioni. La pratica ashtanga è considerata un tipo di yoga completo, che include all’interno delle sequenze posizioni gradualmente più complesse.
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Quali sono le origini dell’ashtanga
L’ashtanga fa parte di una tradizione millenaria e si inserisce negli 8 passi dello yoga descritti da uno delle figure chiave nella storia dello yoga, che è Patanjali. I famosi yoga sutra di Patanjali, infatti, hanno fondato lo yoga moderno e costituiscono una base fondamentale della pratica attuale, anche per quanto riguarda la filosofia base dello yoga. In questi 8 passi, Patanjali ha condiviso le buone pratiche da seguire per arrivare alla liberazione e alla propria realizzazione, e tra questi è incluso appunto lo yoga inteso come pratica di posizioni (asana).
Secondo le tradizioni, l’origine dell’ashtanga e degli Yoga Sutra risale al primo secolo d.C. come mezzo per il raggiungimento dell’acquietamento della mente (uno dei famosi versi di Patanjali è citta vritti nirodha, appunto tradotto come acquietamento della mente). Patanjali apprese i suoi insegnamenti da Sri T.Krishnamacharya che, attraverso lo studio dello Yoga Korunta – testo leggendario fonte primaria dell’Ashtanga – cominciò la codifica degli insegnamenti trasmessi poi ai propri discepoli.
Gli Yoga Sutra costituiscono un insieme di 196 aforismi che spiegano il controllo di sé, la padronanza delle attività della mente e l’unione ultima con il divino.
I fondamenti dell’ashtanga yoga: la respirazione
Nell’ashtanga è di estrema importanza – così come in molti altri stili di yoga – il respiro. Durante una lezione di ashtanga, è richiesto di respirare seguendo un pranayama, ossia una tecnica di controllo del respiro, chiamata Ujjayi. Per effettuare la respirazione ujjayi è necessario restringere la glottide e produrre un respiro sonoro, simile al rumore del mare, rigorosamente dalle narici. In questo modo, il respiro diventa consapevole e controllabile. Infatti, restringendo la glottide si riesce a introdurre più aria e a espellerla in modo controllato. Il respiro è fondamentale nella pratica perchè consente di non andare in affanno e realizzare le posizioni con i tempi e i modi richiesti. Infatti, ogni posizione deve essere tenuta un dato numero di respiri e i respiri hanno una lunghezza prefissata uguale per tutti i praticanti. La sequenza diventa quindi un vero e proprio esercizio di respirazione, dove ad ogni inspirazione ed ogni espirazione corrispondono i movimenti e le transizioni che portano da una posizione all’altra.
Lo scopo della pratica ashtanga
Obiettivo principale di questa pratica tradizionale è quello di guidare il praticante in un percorso di consapevolezza e coscienza di sé, acquisendo padronanza del corpo e della mente grazie alla quale cessare le fluttuazioni della mente ed entrare in rapporto con l’essenza ultima delle cose. Il percorso nell’ashtanga è graduale e richiede tempo e impegno, ma è un percorso che giova intensamente al praticante, sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista spirituale. Allo stesso tempo, è la pratica che più forma gli yogi (praticanti di yoga) e li prepara fisicamente, tanto che spesso gli ashtanga yogi sono in grado di praticare posizioni molto avanzate e stili diversi di yoga.
Le serie dell’ashtanga
Praticare ashtanga richiede molta costanza e molto impegno, poiché non ci sono variazioni per principianti e, per proseguire nella pratica ed avanzare verso la seconda serie, è richiesto il completamento di tutte le posizioni della prima serie. Di norma, è l’insegnante che decide quando il praticante è pronto per il passaggio alla serie successiva.
La Prima Serie è conosciuta anche come Yoga Chikitsa (Yoga Terapeutico) e ha una funzione di disintossicazione e purificazione del corpo, è la serie principale e che infonde maggiore energia al praticante. Una volta perfezionata, si passa alla Seconda Serie (o Serie Intermedia) chiamata anche Nadi Shodhana e questa si concentra prevalentemente sulla purificazione dei canali energetici (le nadi) ed è maggiormente rivolta all’inconscio. La Terza Serie o Serie Avanzata comprende quattro sotto sequenze A, B, C e D ed è detta anche Sthira Bhaga (serenità sublime) e porta avanti il processo di purificazione e pulizia del corpo energetico. In realtà, l’ultima serie – l’Avanzata D – è praticata da pochissime persone al mondo, data la difficoltà delle posizioni.
Nella prima serie, sono previste circa 75 posizioni, che vengono realizzate in quasi 2 ore. La sequenza include i saluti al sole (A e B) e una serie di posizioni, tra cui posizioni in piedi, posizioni sedute e posizioni invertite. Nella tradizione dello yoga, la sequenza deve essere ripetuta tutti i giorni – di mattina appena svegli a digiuno– dal lunedì al sabato. Previsto il riposo per la domenica.
Dalla tradizione al giorno d’oggi
Due figure importantissime nella storia dell’ashtanga e dello yoga che hanno influenzato lo yoga attuale sono Krishnamacharya e Pattabhi Jois, principale allievo del primo. Pattabi Jois ha permesso la grande espansione e conoscenza dello yoga moderno e ha contribuito alla diffusione dello yoga grazie anche alla stesura di libri fondamentali per la conoscenza. Molti insegnanti di ashtanga di oggi hanno praticato in presenza con Pattabhi Jois, prima della sua morte nel 2009.
Quali sono i benefici dell’ashtanga
Come per tutti i tipi di yoga, tra i benefici sono inclusi:
- aumento della flessibilità del corpo
- aumento della forza muscolare
- aumento dell’equilibrio
- maggior controllo del corpo e miglioramento della propriocezione
- rilassamento delle tensioni mentali e riduzione degli affanni
- riduzione di stati di ansia, stress, panico e depressione
- regolarizzazione del sonno
- maggior consapevolezza del corpo e della mente
- miglioramento della postura
- regolarizzazione del sistema endocrino
- stimolazione della circolazione sanguigna ed enfatica
Oltre a questi, la pratica ashtanga permette anche di aumentare il senso di rigore e dedizione e, grazie alla pratica costante a inizio giornata, permette di seguire uno stile di vita pacifico, incentrato sul benessere psico-fisico.
Quali sono gli 8 passi dello yoga
Gli 8 passi dello yoga, conosciuti anche come gli 8 rami, prevedono precetti e astensioni da seguire (Yama e Niyama), gli asana (le posizioni), il pranayama (il controllo del respiro), e altri 4 stadi meditativi a partire dalla concentrazione fino ad arrivare al Samadhi, lo stato di autocoscienza raggiungibile solo dai più dediti al percorso completo. Ecco che quindi le posizioni dello yoga diventano solo una delle pratiche di questo percorso. Seguire queste 8 vie permette di vivere in armonia, in piena coscienza di noi stessi e del nostro scopo di vita.
L’importanza dello sguardo nell’ashtanga
Un fattore fondamentale comune ai praticanti ashtanga è lo sguardo, il drsti. Drsti significa “fissare lo sguardo” ed è riferito al punto in cui si concentra lo sguardo dei praticanti a seconda delle posizioni. Infatti, per ogni posizione è previsto un dristi diverso. Tra i più comuni, la punta del naso, le mani, i piedi, il pollice, l’ombelico e il terzo occhio (il punto al centro tra le sopracciglia). La sua funzione è quella di incanalare la forza vitale di chi pratica verso l’interno, in modo da non disperderla nell’ambiente che lo circonda.
Cosa sono i bandha
I bandha sono un’altra costante dell’ashtanga. Sono spesso insegnati per la pratica ed è richiesto di attivarli in quasi tutte le posizioni. La parola in sanscrito significa “blocco” e “chiusura”. Tramite la chiusura dei bandha, quindi l’attivazione e la contrazione di determinate parti del corpo è possibile canalizzare meglio le energie che scorrono nel corpo e, di conseguenza, praticare meglio le posizioni. É possibile sentire facilmente la differenza tra bandha attivi o non attivi nelle posizioni di equilibrio: infatti, è più facile tenere gli equilibri quando si impara a tenere i bandha.
Tra i bandha più importanti per l’ashtanga ci sono Mula Bandha e Uddiyana Bandha. Il primo porta all’attivazione del pavimento pelvico tramite l’uso dei muscoli a livello del perineo. Il secondo, si esegue tirando il diaframma in alto e risucchiando indentro gli organi addominali, grazie all’attivazione del muscolo addominale trasverso.
Un altro bandha molto diffuso, particolarmente utile per la ritenzione del respiro di certi pranayama, è il Jalandhara Bandha, il sigillo della gola. Grazie a questo blocco, che prevede il mento schiacciato verso la fossetta giugulare, si esegue una chiusura dell’epiglottide che favorisce appunto le pause del respiro.
Cosa è richiesto per praticare ashtanga
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Ashtanga Yoga – Domande frequenti
Non ci sono tempistiche prefissate, dato che la buona riuscita della prima serie dipende dalla propria predisposizione fisica in termini di forza, flessibilità ed equilibrio. I tempi possono variare ampiamente.
Sicuramente al mattino appena svegli. Essendo una pratica energizzante, si può in questo modo godere appieno dei suoi benefici. Al contrario, una pratica serale potrebbe influire negativamente sul buon riposo notturno.
Per i principianti risulta una pratica piuttosto intensa, che porta a sudare e stancarsi, ma il sudore è ben visto in quanto parte del processo di purificazione. I praticanti più esperti, che riescono a regolare meglio il respiro e attivare in modo più ottimale i muscoli, generalmente faticano meno.